Ciò che avviene in aula in termini di relazione è sempre il risultato dell’incontro tra quel formatore e quel gruppo. Quindi quando si osserva il comportamento del gruppo la domanda che dobbiamo porci è: “Cosa ho fatto io per produrre quei comportamenti?” e ancora “Cosa devo cambiare io per produrre nuovi comportamenti?”.
Questo è il cambio di prospettiva. Il formatore non può pensare che gli è capitato un brutto gruppo, non esiste un bel gruppo o un cattivo gruppo: c’è un incontro. In più ricordiamoci che per ogni brutto gruppo c’è un formatore che non ha capito quale sarebbe stato l’atteggiamento migliore per il gruppo stesso.
Facciamo degli esempi pratici per capirci meglio, un caso può essere quando ci vengono poste domande conflittuali. Se io formatore entro nel gioco di potere e conflitto vuol dire che mi sono sentito come se l’altro dubitasse della mia competenza, ecco quindi che capita che rispondo lanciandogli una bordata.
Il formatore deve conoscere le proprie possibili risposte emotive ed imparare a gestirle in un modo adulto.
In pratica applicando il cambio di prospettiva mi posso rendere conto che non è lui che è ostile perché mi ha posto la domanda in modo sbagliato e scortese, ma sono io che mi devo assumere la responsabilità di avergli risposto in quel modo perché mi sono girate le pall*.
Per un formatore quindi non vale esclusivamente il corso di tecniche e gestione dell’aula, invece vale il percorso di essere consapevoli di cosa si è. Non vuol dire fingere, ma riconoscere la propria parte di responsabilità.
Eccomi con l'appuntamento del sabato mattina. Concordo completamente sulla consapevolezza di se. La ristrutturazione avviene per cambio di significato o di contesto. E' giusto lavorare sulla prima, sino ad ieri la strategia era vincente e la cosapevolezza di se, appartine più a questo aspetto.In questi ultimi mesi mi interrogo sul cambiamento di contesto, forse per il mondo aziendale che frequento, ma non credo che anche agli altri non sia sfuggito che accelerazione ha preso il corso degli eventi. Se questo corrisponde a cosa vera spostare l'attenzione su questi cambiamenti ci consente di accellerare nelle ristrutturazioni. Non ho nulla da aggiungere per ora. La butto lì, intanto ci penso e aspetto contributi per un confronto. Buon fine settimana a tutti. Ciao Patti:)
RispondiEliminaStavo uscendo di casa e quel che ho scritto è uscito di getto, poi rileggendolo mi rendo conto di non essere riuscito ad eprimere quel che volevo dire. In parte cado fuori tema ma la difficoltà maggiore che incontro nel corso di riunioni o altro è il diverso clima che si respira in questi ultimi mesi e qui davvero credo che il contesto di precarietà e di impotenza giochi un ruolo importante. Si riconosco di trovarmi in difficoltà nel portare avanti certi programmi e non è una lettura della mente quella che ti dice che le persone ascoltano e partecipano per dovere e con timore. Ecco ho chiarito un pò di più quel che mi cruccia in questo periodo e ogni contributo che mi aiuti a migliorare il contesto è, davvero, ben accetto. Buona domenica. :)
RispondiEliminaSi la ristrutturazione del significato avviene all’interno di un dato contesto. quello a cui tu fai riferimento come cambio di contesto consiste nel trovare un altro contesto dove il mio comportamento da perdente possa diventare vincente. Altro, credo, sia il poter cambiare qualcosa del contesto stesso. Per poter intraprendere questa via occorre “uscire2 da quel contesto. Paradossale perché se siamo “dentro “ a quel contesto siamo anche noi a definirlo!!
RispondiEliminaIl ritmo accelerato può procurarci molta ansia, sensazione che può bloccare la possibilità di “ristrutturazioni” quindi di cambiamenti. Butto anch’io lì.. grazie gianfranco
Avevo scritto quel primo commento e il tuo aggiungere mi ferma a riflettere. Narri più di emozioni, di ansie, di impotenze: vero suscitate dal contesto ma che ci appartengono . Dunque consapevolezza anche questo, fondamentale per non lasciarci “distruggere”.