In questo antico proverbio cinese vi è
la sostanza, anche metaforica, dell'abilità di chiunque svolga un lavoro a
contatto con le persone. Sorridere significa accogliere l’altro, pur nella
diversità, vedendolo nella sua specifica singolarità.
Una delle storie più significative
riguardanti l’arte di ascoltare è quella del giudice saggio: di fronte a due
litiganti egli ascolta il primo con molta attenzione e gli dice “hai ragione”,
poi ascolta il secondo con altrettanta attenzione e, anche a lui, dice “hai
ragione”.
Subito si alza una persona dal pubblico
esclamando: “Eccellenza non possono avere ragione entrambi!”. Il giudice pensa
un attimo e poi aggiunge “hai ragione anche tu!”
Questa storiella riflette la struttura
dinamica di ogni comunicazione di accoglienza reciproca, ovvero il saper
cambiare abitudini con cui percepiamo e valutiamo la realtà.
Un buon comunicatore occorre che
sappia riconoscere la differenza fra cambiare punto di vista dentro un contesto
dato per scontato e cambiare quel contesto, così che comunicare significhi
ascoltare e osservare per capire.
Imparare in modo sistemico l’arte di
ascoltare/osservare, per poter comunicare, è un processo reso difficile da due
ostacoli. Il primo ostacolo è rappresentato dalla cultura, infatti qualsiasi
cultura tende inevitabilmente a educare a determinati punti di vista come fossero
unici o migliori. Il secondo ostacolo, apparentemente endemico della cultura
occidentale, riguarda il suo attenersi a criteri validi solo all’interno di
contesti scontati.
La questione non è buttare via
l’abitudine al pensiero dominante, adeguata ai contesti semplici, si tratta di
acquisirne un’altra.
Come, infatti, insegna Marianella Sclavi
«quello che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per veder il tuo punto di vista,
devi cambiare punto di vista».
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