«Caduto il contrasto, cade anche l'intermittenza di luce e oscurità. Questa non interrompe l'attività dell'uomo, non lo prepara al sonno. L'alternanza di giorno e notte, connaturale alla vita, si è attenuata. Tale e quale la corrispettiva di parole e silenzio. Viviamo in un'epoca in cui il silenzio è stato bandito. Il mondo è oppresso da una pesante cappa di parole, suoni e rumori. Il grembo del silenzio notturno è rotto dal fragore delle macchine. Costretti a passare una notte in luogo isolato, ci si alza irrequieti; il silenzio diventa un incubo nel sonno. Spaventa la pace della montagna, del bosco; e vi si va con la radio; spaventa la quiete dell'appartamento, e la si accende. Il silenzio infastidisce a tal punto che, dove sia imposto di tacere, si crea un rumore».
Credo che il timore del silenzio si sia addirittura
esasperato nella nostra epoca rispetto a quando Giovanni Pozzi scrisse questo
testo. Pensando a i social network, per esempio, ci vedo un collegamento anche
con il timore della solitudine. Il discorso è molto ampio e spesso è difficile
analizzare i cambiamenti della società e dell’animo umano proprio nelle fasi
acute di mutamento. Da alcuni recenti studi sembra, comunque, che la solitudine
sia uno dei grandi mali della post-modernità. Voi che rapporto avete con la
solitudine?
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