Era tanto che non mi imbattevo
in un cliente sfidante. Al primo incontro racconta la sua difficoltà del
vivere, ma da me si presenta per un problema legato al lavoro, in quanto vuole divenire
più sicura, ma aggiunge che non si piace. Mi racconta di essere in sovrappeso e
sapere cosa dovrebbe fare, ma di non riuscire a farlo. Propone un’analisi di sé
puntuale e lucida e mi chiede di darle compiti precisi e mi domanda aiuto. Il primo
incontro è sempre orientativo, quindi concordiamo un piano d’azione e le
assegno qualche compito.
Al secondo incontro racconta
che non ha fatto nulla di quanto concordato, anzi ha peggiorato la situazione
con azioni contrarie e che il suo rapporto con il cibo è esploso in abbuffate
serali. Mi chiede nuovamente aiuto e le rispondo che solo lei può fare qualcosa
per sé stessa. Cerco di farle capire che lei vuole dimostrare ancora una volta
che nessuno la può aiutare e che lei va alla ricerca di qualcuno che faccia un miracolo.
Le sorrido e aggiungo che io non c’entro con i miracoli e che, comunque, perché
avvengano occorre avere fede in sé stessi.
Quando arriva un cliente e vi
dice che ha già provato vari terapisti e non è mai riuscita a risolvere e poi
vi dice come le sia piaciuto parlare con voi: attenzione è una trappola. Ci
possiamo cadere per poca esperienza oppure per narcisismo, perché spesso scatta
una vocina interna che dice “io ci riuscirò!”. Dal mio punto di vista, però, rischiate
di far male non solo a voi stessi, ma soprattutto al vostro cliente.
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