Quando ero
piccola mia madre e mia nonna ripetevano “prima il dovere poi il piacere”. Io
non ero d’accordo e provavo a convincerle dicendo: “ora scendo a giocare un po’
e poi salgo a fare i compiti”, ma raramente riuscivo a convincerle. Diventando
grande ho acquisito la libertà di decidere come preferivo gestire il mio tempo
e pianificare il lavoro, ma oggi vorrei riflettere su questa separazione tra
dovere e piacere che viene insegnata da famiglia, scuola e società. Potrebbe
esistere, per esempio, un dovere che sia anche piacere? Il dovere è connotato
come fatica e contrapposto al piacere come leggerezza e divertimento. Famosa, a
tal proposito, è la favola La cicala e la formica. Questa favola fu scritta da
Esopo, ma poi deve la sua fama alla diffusione che ne fece Jean de La Fontaine
che la propose con scopi educativi e moralistici. La morale della favola insegna
che se si vuole arrivare preparati per affrontare i momenti difficili sia
necessario un lungo impegno dettato da forte sacrifico.
Io, personalmente,
non ho mai sopportato questa favola, e sono vicina al grande Gianni Rodari che
scrisse:
Chiedo
scusa alla favola antica
se non mi piace l’avara formica
io sto dalla parte della cicala
che il più bel canto non vende…
regala!
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