«Un maestro zen stava dipingendo e chiese al suo miglior
discepolo di sedere al suo fianco e di dirgli quando il dipinto fosse stato
perfetto.
Il discepolo era preoccupato e anche il maestro lo era:
il discepolo non aveva mai visto il maestro fare qualcosa di imperfetto, ma
quel giorno tutto sembrava andare per il verso sbagliato. Più il maestro
tentava e più tutto diventava un caos.
Sia in Giappone sia in Cina, l’intera arte della
calligrafia è eseguita su carta di riso, carta molto sensibile e fragilissima.
Basta la più piccola esitazione e per secoli ne resta il segno, infatti se
tentenni, sulla carta di riso si spande più inchiostro, trasformando il tratto
in una macchia. Sulla carta di riso è molto difficile ingannare: devi
continuare a fluire, non devi mai esitare.
Se esiti anche solo per un attimo, hai già fatto un
disastro, e chiunque abbia un occhio attento dirà immediatamente: “Questo non è
affatto un dipinto zen!” Poiché per esserlo devi avere un tratto spontaneo e
fluente.
Il maestro tentò e ritentò, e più tentava…iniziò a
sudare. Il discepolo era seduto al suo fianco, e continuamente
scuoteva la testa , ripetendo: “No, questo non è perfetto”. E il maestro faceva errori su errori. A un certo punto l’inchiostro stava per finire e il
maestro disse: “ Va’ fuori e preparane altro.”
E mentre il discepolo non c’era, fece il suo capolavoro.
Al ritorno il discepolo chiese: “Maestro, ma questo è
perfetto! Cosa è accaduto?”
Il maestro rise e disse: “Ero diventato consapevole della
tua presenza. L’idea stessa che qualcuno fosse presente ad apprezzare o a
condannare, a negare o sostenere, ha disturbato la mia tranquillità interiore.
Ora non sarò più disturbato: ho compreso che stavo cercando di fare qualcosa di perfetto, e quella era la
sola ragione per cui ciò che facevo non era perfetto.”»
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